Ma lo avete guardato bene, il nuovo Messale?
di
Francesco Lamendola
Come abbiamo già osservato, siamo in una fase storica in cui cominciano a cadere i veli e i piani tenebrosi dei Padroni Universali
si rivelano sempre più chiaramente per quello che sono, senza che essi
si prendano nemmeno il disturbo di camuffarli, anzi con la mal
dissimulata impudenza di lasciarsi vedere, quasi a sfida: tale è la loro
certezza che la gente non capirà, o, se anche capirà, non troverà alcuna maniera di opporsi. Nel campo della politica, ciò appare nei decreti della presidenza del Consiglio,
sempre più scopertamente pretestuosi, assurdi e illiberali e sempre più
palesemente estranei a qualunque autentica preoccupazione di ordine
igienico e sanitario. Anche molte affermazioni dei giornalisti che
scrivono sui giornali più importanti o fanno i loro servizi per le
maggiori reti televisive appaiono sempre più scopertamente cinici e
arroganti, quasi beffardi: vi si dice apertamente che bisogna evitare le elezioni politiche
perché, se vi fossero, certamente vincerebbero i partiti di destra,
cosa che per loro evidentemente è intollerabile, inconcepibile e
inammissibile. Proprio come per i democratici americani,
i quali, infatti, parlavano delle elezioni negli Stati Uniti, già prima
che si svolgessero, come di un passaggio formale, oltre il quale Trump non sarebbe più stato comunque presidente, e hanno gettato tutto il loro peso contro di lui, fino al punto di censurare i suoi discorsi
pubblici e perfino ignorare un solenne messaggio alla nazione, nel
quale egli ha denunciato l’enorme entità dei brogli avvenuti ai suoi
danni e la gravità del momento che la nazione sta attraversando. La stessa censura,
del resto, è stata messa in opera da tutta la stampa dei Paesi europei,
nessuno escluso: è stato come se ciò che riguardava l’informazione di
parte repubblicana semplicemente non esistesse, mentre solo Biden e i
suoi sostenitori avevano il diritto di far sentire le loro ragioni.
Nel campo della religione cattolica,
abbiamo assistito a un crescendo di gesti, parole, documenti,
omissioni, che vanno nella stessa direzione: lasciar cadere i veli,
mostrare la reale natura degli obiettivi perseguiti dalla contro-chiesa,
mettere i fedeli, un po’ alla volta, faccia a faccia con ciò che si
vuole da loro, e che si vuol fare di loro. Per citare solo gli ultimi fatti più eclatanti, ricordiamo l’intronizzazione dell’idolo Pachamama,
prima nei Giardini Vaticani, poi nella basilica di San Pietro e nella
chiesa di Santa Maria in Transpontina; la dichiarazione di Bergoglio che
anche le persone omosessuali hanno diritto di vedersi riconosciuta la
loro famiglia; l’abbandono di qualunque celebrazione sull’altare
principale della basilica di San Pietro; lo schieramento massiccio del
sedicente papa e di tutto il vertice della sua chiesa a favore del
“cattolico” Biden, fautore dell’aborto fino all’ottavo mese di
gravidanza; e da ultimo la terza edizione del Messale romano,
entrata in vigore nel novembre 2020 e che apporta significativi
cambiamenti non solo di ordine liturgico, ma, fra le righe - e neanche
in maniera tanto velata - un sovvertimento del senso stesso della religiosità cattolica. Non ci soffermeremo sulle novità del testo della santa Messa, compresa la modifica del Padre nostro,
la bi-millenaria preghiera insegnata agli Apostoli da Gesù stesso;
altri l’hanno già fatto ed esiste ormai una discreta letteratura critica
in proposito. Ci limiteremo invece alla veste tipografica del nuovo
Messale, terribilmente eloquente nella nuda chiarezza delle figure. La
copertina ci mostra un “Gesù” che da nessun segno è identificabile come
Gesù Cristo, il Verbo incarnato adorato dai cristiani. Nessuna croce,
nessun’aureola, nessun Agnello, nessun Sacro Cuore, insomma nessun simbolo della tradizione cattolica.
In compenso un volto allungato, cadaverico, dall’espressione
indecifrabile, fra triste e ottusa; il volto di un vecchio dalla chioma
fluente, che fa pensare semmai a qualche saggio della tradizione
gnostica ed esoterica, a un mago, a uno stregone. Alza la mano destra in
un gesto benedicente, ma la sua è una strana benedizione, che non
rimanda in alcun modo alla trascendenza, non fa neanche lontanamente
supporre che costui sia il Figlio di Dio. Duemila anni di storia
dell’arte cristiana ci hanno abituati a un Gesù giovane, benevolo,
vittorioso: costui invece è vecchio, accigliato, gravato dal peso della
carne. Sul suo petto brilla una specie di stella alquanto stilizzata, o
piuttosto un fascio di luce; la stessa immagine compare in alto a
sinistra, ma più grande; e sullo sfondo una quantità di astri luminosi,
un cielo trapunto di stelle sul fondo rosso della copertina.
Nient’altro.
Nessuna figura umana, nessun angelo, nessun simbolo del Padre o dello
Spirito Santo. Chiunque veda quel volto, quel busto, quel gesto della
mano sospesa, a tutto può pensare, tranne che al Nostro Signore Gesù
Cristo: è come se due millenni d’iconografia cristiana fossero stati ignorati, cancellati e gettati nel cestino
delle cose da buttare. Non si prova un senso di pace e di accoglienza,
guardando quell’immagine: al contrario, si rimane perplessi, dubbiosi,
vagamente inquieti: le cose non sono come dovrebbero essere e il
credente, già tanto provato dai drammatici avvenimenti di questi ultimi
mesi, e più che mai bisognoso di ancorarsi a qualcosa di saldo, di
certo, di familiare, ha l’impressione di essere stato sospinto in un
terreno estraneo, sconosciuto, dove nulla appare riconoscibile, ma
sembra gravare un’atmosfera pesante, non amichevole, in un certo senso
allarmante. Inutile dire che la stampa (ex) cattolica, L’Avvenire in testa, si è profusa nel magnificare il nuovo Messale e nel sostenere che esso è stato accolto con entusiasmo e gratitudine dal clero: se la suonano e se la cantano da soli.
Quanto a noi, sappiamo che nemmeno il Messale in uso prima di
quest’ultimo era tale da attirare il consenso del clero ben formato: un
vecchio sacerdote ci ha confessato che non riusciva nemmeno a guardare
le figure, da tanto brutte e ambigue che erano. Questo nuovo Messale fa un altro passo avanti sulla via della scristianizzazione.
Le illustrazioni all’interno sono ancora, se possibile, più anomale e inquietanti: sulla pagina accanto al titolo Rito della messa con il popolo (non più la Messa del Signore, ma la Messa con il popolo: ah, benedetto Karl Rahner
e benedetta svolta antropologica, quanti danni avete fatto e seguitate a
fare!), spicca la più inquietante di tutte. Al centro c’è una figura
umana, assai stilizzata e molto più grande delle altre, indossante una
lunga tunica rossa, che le scende fino ai piedi; tutto intorno, più
piccole, ci sono dieci figure umane, tutte di color nero, suddivise in
tre gruppetti: uno di tre, uno di quattro e l’ultimo ancora di tre:
totale, dieci. Chi rappresenta la figura centrale e chi sono quelle che
la circondano? Non è facile pensare a Gesù e ai suoi Apostoli. La figura
centrale, senza braccia, come le altre, non abbraccia, non accoglie,
non istruisce: se ne sta per conto suo, ritta, immobile come una statua.
Quanto alle altre, perché sono dieci? Gli Apostoli erano dodici, e
anche togliendo Giuda Iscariota i conti non tornano. Perché dieci?
E che significa il numero tre, più quattro, più ancora tre? È un
linguaggio cifrato? Alcuni pensano a un codice massonico, altri
addirittura a una simbologia satanica. Per questi
ultimi, l’intera scena rappresenta una messa nera e dunque la figura
centrale, se non è il Diavolo, perlomeno è un suo servitore. Certo che
le figurette nere non paiono rassicurate o confortate dal personaggio
vestito di rosso: paiono anzi oscillare su se stesse, come sul punto di
cadere; inoltre restano separate, non si uniscono, e le loro lunghe
ombre si proiettano sul terreno divergendo stranamente l’una dall’altra,
contro tutte le leggi dell’ottica, creando un effetto visivo tutt’altro
che rasserenante. Noi non sapremmo dire se davvero la scena allude a
una messa nera, ma una cosa è assolutamente certa: che non ricorda per
niente la santa Messa dei cristiani, ma raffigura una scena
incomprensibile, e quindi non si capisce a quale scopo sia stata posta
proprio lì, all’inizio della parte dedicata al rito della Messa. Si
tratta di totale insensibilità nei confronti del clero, oppure lo si
vuole abituare, un poco alla volta, ma in maniera sempre più rapida e
decisa, a scordarsi una volta per sempre tutto ciò che la Messa è stata,
tutto ciò che rappresenta, per traghettare il popolo cristiano in un’era nuova, post-cristiana, relativista, sincretista e massonica? Si tratta di applicare anche in quest’ambito il principio del Great Reset,
del Grande Azzeramento, cogliendo l’occasione della grave situazione
mondiale che stiamo vivendo per cancellare ogni traccia del mondo di
prima? Se è così, allora gli elementi sui quali ci siamo soffermati
acquistano effettivamente un significato; se non è così, bisogna dire
che la commissione biblica che ha partorito questo nuovo Messale è
formata da cervelli balzani e da anime insensibili, estranee al vero
spirito cattolico. Ma se anche così fosse, perché mai dovrebbe
costituire un problema? Dal momento che il signor Bergoglio ha messo in chiaro, sin dal principio del suo pontificato, che Dio non è cattolico, questo non è un problema, semmai un pregio.
Questo
del Messale è solo un esempio di come i Padroni Universali stanno
lasciando cadere i veli sulle loro intenzioni e sui mezzi dei quali si
servono per piegare l’umanità ai loro perversi disegni, esercitando al
tempo stesso una fortissima pressione sul loro immaginario, in modo da
disancorarle da ogni tradizione, da ogni riferimento certo, e
proiettarle in un mondo nuovo, sprovviste degli strumenti coi quali
esercitare un minimo di consapevolezza critica. Se tutti quanti
plaudiscono, se tutti quanti approvano, se nessuno alza la mano per
chiedere: ma che diavolo state facendo?,
allora nella massa si spegne ogni dubbio e, peggio ancora, ogni
possibilità che sorgano dei dubbi: perché i dubbi sorgono quando la
testa funziona, ma se smette di funzionare, tutto appare logico e
normale, tutto viene accettato e approvato, anche le cose più insolite e
le novità più aberranti. Ed è quello che sta succedendo, secondo lo schema della finestra di Overton:
la gente, nell’arco di pochissimi anni, e i fedeli come tutti gli altri
(mentre un tempo si distinguevano per una loro visione sulle cose,
frutto di una dottrina che non si sdraiava passivamene sulla sapienza
del modo, ora accetta e trova normale tutta una serie di cose che
l’avrebbero fatta trasalire, quando non inorridire. Il Messale,
ripetiamo, è solo una di queste; un’altra, per fare un secondo esempio, è l’orrido “presepio” allestito in Piazza San Pietro, che il critico d’arte Vittorio Sgarbi ha invitato i fedeli a non guardare, perché rappresenta una voluta umiliazione della loro fede.
Che
cosa si può fare in presenza di un simile stato di cose? Come si può
reagire; come si può conservare la stima di se stessi e la fiducia nel
domani, se ci si vede obbligati a continui compromessi, e costretti a
recitare una parte che non ci persuade, che non ci piace, che non è la
nostra, perché non rispetta i nostri valori, le nostre tradizioni, il
nostro modo di essere e di vedere la vita? Che fare se
sia lo Stato e i suoi rappresentati, sia la Chiesa e il suo clero,
mostrano da mille indizi, e ormai in maniera quasi esplicita, di non
essere al nostro servizio, di non avere a cuore il nostro bene, di non
voler fare in alcun modo i nostri interessi, ma di essere al servizio di
qualche potere estraneo, di qualche entità oscura, la quale tutto ha in
mente, tranne che di sostenerci e di aiutarci, sia come cittadini, sia
come credenti?
La prima cosa da fare è capire, svegliarsi, uscire dall’ipnosi:
smettere di mandar giù tutto, prendere nota con lucidità di quel che
sta accadendo intorno a noi e sforzarsi di comprendere a qual fine è
diretta la strategia dei Padroni Universali: cioè alla vaccinazione di
massa, alla disoccupazione di massa, alla povertà di massa, alla
scristianizzazione di massa – quest’ultima resa necessaria, dal loro
punto di vista, perché il vero cristiano è anche una persona intimamente
libera e a lui non si può raccontare la storia dell’orso, ma bisogna
fare i conti con la sua vigilanza intellettuale, spirituale e morale.
La seconda cosa
da fare, sulla base di tale risveglio e di tale consapevolezza, è
perseverare sulla strada della verità e del bene o riprenderla, se
l’avevamo smarrita; anche se tutto pare diretto nella opposta direzione,
e anche se tutti, compresi gli amici più cari, sembrano persuasi che
stiamo andando nella direzione giusta, noi dobbiamo riconquistare la nostra autonomia di giudizio
a livello quotidiano, e fare delle scelte le quali, pur se ci
metteranno nella scomoda posizione di una minoranza emarginata, e forse
perseguitata, ci permetteranno tuttavia di conservare la stima di noi stessi e la fiducia nel domani:
perché la condizione essenziale affinché ci sia un domani – se non per
noi, per i nostri figli e nipoti – è di non arrenderci al conformismo e
non cedere allo scoraggiamento, ma conservare integra la nostra forza
morale e intellettuale.
La terza cosa da fare è agire, secondo la raccomandazione di Gesù,
con l’astuzia dei serpenti e la purezza delle colombe. A nulla
servirebbe gettarsi a testa bassa contro il nemico, che del resto è
inafferrabile e invisibile: le persone che custodiscono il presente
ordine di cose sono solo dei passivi esecutori e, nella maggior parte
dei casi, dei dormienti, che non si accorgono neppure della loro
condizione e si credono svegli e intelligenti. Bisogna invece preservare
se stessi e i propri valori, ma tenendo conto dell’enorme sproporzione
delle forze e perciò risparmiandosi per quanto possibile, in vista del
momento in cui si potrà agire apertamente, alla luce del sole.
La quarta cosa da fare è aiutare altri a risvegliarsi e a prendere coscienza della realtà.
La quinta cosa
da fare, non in ordine d’importanza, semmai la prima, è confidare in
Dio e nella sua Madre Santissima: e pregare con fede, sempre, senza
stancarsi. E Lui ci ascolterà e ci verrà in aiuto.