Ambientalismo
16 gennaio 2024

LA PROPAGANDA ECOLOGISTA HA UCCISO L'INDUSTRIA DELL'ACCIAIO

ILVA


È un gran peccato che l’ambientalismo abbia preso piede con così tanta veemenza: non è protezione dell’ambiente; e questa, nelle mani degli ambientalisti e di associazioni e partiti politici sedicenti tali, va a ramengo, con grave danno per l’ambiente medesimo, oltre che per l’economia generale. Torna viva nelle cronache di questi giorni il caso-Ilva, che mai sarebbe dovuto nascere se solo chi si è eretto a protezione dell’ambiente – politici e magistrati – avesse studiato un minimo di scienza. 


Tutto cominciava nel 2012, quando una magistratura coi paraocchi si convinse che «gli impianti dell’Ilva producono emissioni nocive oltre i limiti, concretizzatesi in eccessi significativi di mortalità per tutte le cause»: tra il 1995 e il 2002 un eccesso di mortalità del 10-15%, specificava la rivista di «Epidemiologia e Protezione». A quel tempo, lo stesso procuratore generale a Lecce dichiarava: «dobbiamo chiarire se il sequestro che abbiamo disposto ha una valenza scientifica, storica e legale». Insomma, chi fece scoppiare il caso doveva ancora schiarirsi le idee. Purtroppo la valenza legale c’era, per colpa della Regione Puglia che si vantava di avere fissato i limiti più restrittivi al mondo sulle emissioni di diossine, prevedendo, nel caso di superamento, proprio l’arresto degli impianti. Ma limiti inutilmente restrittivi sono anche dannosamente restrittivi. Un bel danno: un gioiello della siderurgia mondiale andato in malora.


Nel motivare la propria ordinanza la magistratura scriveva: «affinché non un altro bambino abbia ancora ad ammalarsi o morire a causa delle emissioni tossiche del siderurgico»; ma non fu mai in grado di fornire nome e cognome di alcun bambino che fosse già deceduto a causa delle emissioni tossiche dell’Ilva. Dai dati epidemiologici di allora si evinceva che v’era un’incidenza di tumori aumentata del 15% (e fino al 30% per i tumori ai polmoni) nell’area del sito dell’Ilva, ma aumenti di questa entità non hanno alcun significato statistico che giustifichi l’azione drastica che fu presa.


Il rapporto epidemiologico rispondeva ad alcuni quesiti, il primo dei quali chiedeva gli inquinanti del caso e le patologie associate. Gli autori precisavano che «stabilire se l’esposizione ad un agente sia causalmente associata ad effetti sanitari è semplice quando l’esposizione è condizione necessaria e sufficiente per la patologia». Traduco: contraete epatite B se e solo se esposti al virus. Se invece il nesso è casuale (e questo era il caso dell’Ilva) le cose si complicano dannatamente e, in particolare, non si può decidere né se gli esposti sviluppano la patologia né se chi l’ha sviluppata lo ha fatto perché esposto. Bisogna allora affidarsi alla statistica. Gli autori del rapporto candidamente dichiararono di avere assunto che gli effetti degli inquinanti fossero lineari-e-senza-soglia: è la teoria Lnt sulla cui inconsistenza scientifica abbiamo già scritto lo scorso 25 ottobre.


Ecco un breve richiamo.  Supponiamo di avere accertato che ingerire in una volta la dose di caffeina contenuta in 200 caffè vi porti all’obitorio con probabilità 1/2. La teoria Lnt dice che con la caffeina di 1 caffè la probabilità di morire è di 1/400. Attenzione: la prima probabilità (1/2) è vera ed accertata, l’ultima (1/400) è una congettura. Ed è sicuramente falsa, ma pur tuttavia utile in ambito protezionistico. Altrettanto sicuramente, però, non può essere usata in ambito patologico. Cioè non si può ragionare come segue. Se ipotizziamo che la probabilità di morire dopo aver bevuto un caffè è 1/400, allora se 400 individui ne hanno bevuto uno, uno di essi deve per ciò essere morto; e se a Taranto ieri mattina 400mila individui hanno preso un caffè, ieri mattina sono per ciò deceduti 1000 tarantini.


Nei quartieri di Taranto incriminati gli Autori attribuirono alle emissioni dell’Ilva 9 decessi l’anno per 100.000 abitanti, che sono, dissero, l’1.2% dei decessi. Cioè nei quartieri incriminati vi furono 750 decessi l’anno ogni 100.000 abitanti. A parte il fatto che in Italia muoiono ogni anno 1000 persone ogni 100.000 abitanti, attribuire precisa causa a 9 casi su 750 può farsi solo con azzardate capriole di statistica. Gli stessi autori scrivevano: «la popolazione studiata è piccola, il numero di eventi poco numeroso, e ciò comporta forte incertezza nelle stime e ampi intervalli di confidenza». È vero che aggiunsero: «I risultati sono coerenti con la letteratura», ma il loro rapporto fa ormai parte della letteratura, e ora anch’esso sarà invocato da un altro rapporto stravagante a sostegno delle proprie stravaganze.


Nello studio che portò alla distruzione di un fiore al nostro occhiello furono omessi molti fattori confondenti, compresa la circostanza se i soggetti studiati fossero o no fumatori. Scrivevano gli autori: «Prima che all’Ilva, molti lavoratori avevano prestato servizio presso l’Arsenale, al quale abbiamo chiesto dati che non sono pervenuti. Non è stato pertanto preso in considerazione questo fattore confondente, che però riteniamo estremamente improbabile». Se lo ritenevano estremamente improbabile, perché chiesero i dati? A leggere il rapporto sembra che la loro irrilevanza emerse solo dopo che si dovettero rassegnarsi alla loro indisponibilità.


Il caso-Ilva è stato oggetto di deplorevoli strumentalizzazioni politiche. Per esempio, nel 2019, durante la campagna per le precedenti elezioni europee, ci si lamentava che a Taranto negli anni 2002-2015, per colpa dell’Ilva, sarebbero nati 600 bambini con malformazioni congenite. Ma non ci si chiedeva cosa mai poteva attribuirsi all’Ilva visto che le malformazioni denunciate erano dichiarate «congenite». E neanche ci si chiedeva quante fossero in Italia le nascite con malformazioni congenite: ci si fosse posta la domanda e si fossero eseguite le debite proporzioni, si sarebbe scoperto che l’incidenza a Taranto di quelle patologie è la metà che nel resto d’Italia. 


Insomma, con gli ambientalisti tutto fa brodo e tutto vale, e le loro carriere politiche sono appese ai fili della propaganda allarmista. Il caso-Ilva è solo uno dei tanti.


Franco Battaglia








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