Ambientalismo
07 ottobre 2022

LA SCIENZA UNANIME SUL CLIMA? NON È VERO

INTERVISTA A WILLIE SOON


Nato a Kangar, in Malesia, Willie Soon è un ingegnere aerospaziale, astrofisico e geofisico americano, ed è un’autorità mondiale sulla relazione tra i fenomeni solari e il clima globale. In oltre 32 anni di attività ha cercato di comprendere, tra le altre cose, l’influenza sul clima della interazione Sole-Terra e delle dinamiche orbitali delle interazioni con altri pianeti. Le sue scoperte contraddicono i risultati dei modellisti informatici e di coloro che sottovalutano costantemente le influenze solari sulla formazione di nubi, sulle correnti oceaniche e sui venti, tutti fattori responsabili  del cambiamento climatico. Soon dirige il Center for Environmental Research and Earth Science da egli stesso fondato nel 2018.

Dr. Soon, tutti coloro che mettono in dubbio la relazione tra CO2 antropica e cambiamenti climatici sono accusati – me compreso – di essere al soldo dell’industria dei combustibili fossili. Lei è stato accusato di aver incassato 1.2 milioni di dollari per negare il cambiamento climatico indotto dalla CO2 antropica. È così? 

«No. La cosa fu inventata da attivisti di Greenpeace e da altri. Dal 1991, e per i quindici anni successivi, sono stato impiegato dall'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Cfa). Durante la mia carriera scientifica, la mia ricerca al Cfa è stata finanziata da sovvenzioni di NASA, National Science Foundation e Aeronautica militare Usa. Quando si sommano tutti i fondi provenienti da queste fonti che Cfa ha ricevuto in questo periodo, si arriva, appunto, a poco oltre 1.2 milioni di dollari, ma il mio stipendio totale lordo dal Cfa in quel periodo fu solo il 60% di questo, ed era compreso tra 40.000 e 75.000 dollari lordi all'anno». 

 

Perché alcuni di Greenpeace l’avevano presa di petto?

 

«I risultati della mia ricerca sconfessavano la loro narrazione, e hanno cercato con cura e sistematicamente di diffamare me e la mia integrità scientifica. Hanno avuto un certo "successo", se così si può dire, perché riuscirono a far scrivere le accuse in prima pagina sul New York Times (numero di domenica 22 febbraio 2015). 

 

Nell’occasione di questi fatti mi incuriosii su Greenpeace e sul perché ce l’avessero con me. E così con altri miei colleghi – e con l’aiuto del Dr. Patrick Moore, che è un ex di Greenpeace – ho studiato quell’associazione, e nel 2018 pubblicavamo un rapporto dettagliato che ne documenta la strategia e i principi operativi. La nostra conclusione fu che Greenpeace si era trasformata dall'essere inizialmente un'organizzazione interessata alla salvezza delle balene e a impedire il reciproco percorso autodistruttivo della guerra nucleare totale, a diventare un’impresa commerciale vera e propria, con volume d’affari dell’ordine di $200-300 milioni di dollari in contanti. Abbiamo anche dimostrato che nel periodo 1994-2015 Greenpeace ha speso in media 34 milioni di dollari all'anno per la sua campagna di demonizzazione della CO2. Dal loro punto di vista era, quello, un investimento per la campagna di raccolta di fondi».

Si dice però che il 97% degli scienziati concordano nel ritenere la CO2 antropica responsabile dell’attuale cambiamento climatico. 

«Questa convinzione che la scienza operi attraverso accordi di consenso è davvero l'aspetto più anti-scientifico dell'intero puzzle. E demonizzare la CO2 – che è un gas così essenziale per la vita sulla terra – come fosse invece il gas satanico che sta distruggendo l'ambiente e l'umanità è la più colossale sciocchezza che ci si possa immaginare. 

 

Nel 2013, un gruppo di attivisti guidati da un tale John Cook – un sociologo laureato in “scienza cognitiva” – pubblicava un documento piuttosto strano in cui annunciava l'idea, ormai diventata popolare – secondo cui esisterebbe un «consenso del 97% sul cambiamento climatico causato dall'aumento di CO2 antropica nell'atmosfera». Tale dichiarazione, incontrollata e incontrastata, ha persino portato l'allora Presidente degli Usa a dichiarare apertamente che: «il 97% degli scienziati è d'accordo, il cambiamento climatico è reale, provocato dall'uomo, e pericoloso», frase ripetuta a pappagallo in tutto il mondo.

 

Cosicché il mio collega, il professore di climatologia David Legates dell'Università del Delaware, il prof. William Briggs [matematico e climatologo alla Cornell University, ndr], Lord Christopher Monckton [intervistato qui a La Verità il 23 agosto 2022, ndr] e io, abbiamo svolto ricerche su questa affermazione di Cock del 97%. I risultati dell’indagine, pubblicati nel 2015 su Science&Education – una rivista che controlla l’attendibilità degli articoli che pubblica – hanno rilevato che, in realtà, ben 2/3 dei quasi 12mila lavori considerati da John Cock non manifestavano alcuna opinione sulle cause del cambiamento climatico. Tra coloro che esprimevano un'opinione, la maggior parte si dichiarava solo possibilista in ordine alla causa antropica, e solo 64 lavori affermavano esplicitamente che il cambiamento climatico è stato principalmente causato dall'uomo. Abbiamo poi esaminato quei 64 lavori, e abbiamo scoperto che solo 41 (quindi solo lo 0,35%, altro che il 97%!) effettivamente approvavano il dichiarato "consenso". Questo è un risultato piuttosto scioccante e, personalmente, esorterei chiunque sia ancora disposto a diffondere questa affermazione non veritiera a smettere di ripetere a pappagallo questa campagna così dannosa e anti-scientifica. In ogni caso, l’affermazione secondo cui la maggioranza degli scienziati sostiene la causa antropica del riscaldamento globale, oltre che falsa, come detto, è soprattutto irrilevante: una affermazione ha validità scientifica non certo perché v’è una maggioranza che la sostiene».

Cosa mi dice dei Rapporti dell’Ipcc, sono attendibili?

«La risposta breve è: no. Ma è più facile capire perché i rapporti dell'Ipcc non possono essere attendibili a priori né avere valore scientifico: basti osservare che secondo lo stesso Ipcc l’obiettivo principale di quei Rapporti è «fornire ai governi, a tutti i livelli, informazioni scientifiche che essi possono utilizzare per sviluppare politiche climatiche». Cioè, il loro obiettivo è aiutare i governi nei negoziati internazionali, e non promuovere la comprensione scientifica del cambiamento climatico. Dice l’Ipcc che i Rapporti forniscono «valutazioni regolari delle basi scientifiche del cambiamento climatico». Ma, se per questo, anche io come scienziato che pubblica attivamente sul campo, fornisco valutazioni regolari delle basi scientifiche del cambiamento climatico. 

 

Un altro importante contrasto tra l'approccio dell'Ipcc e quello di un vero scienziato è che l'Ipcc richiede un "consenso scientifico" uniforme su tutte le questioni, e questo, dicono, «per prevenire esitazioni all'azione per il clima». Ma un vero scienziato svolge un'indagine scientifica con mentalità aperta su tutte le questioni al fine di prevenire, invece, lo sviluppo di pregiudizi. 

 

Un’altra importante cartina al tornasole della scienza è il fatto che quando vengono identificati eventuali disaccordi, questi devono essere indagati o almeno apertamente riconosciuti, piuttosto che ignorati, minimizzati, o liquidati come già risolti, che è la tecnica spesso utilizzata nei rapporti dell'Ipcc».

Ci fu un Periodo caldo medievale? 

«Sì, c'è stato un periodo caldo medievale ben documentato in tutto il mondo. Nel 2003 pubblicavo due articoli che sconfessavano le conclusioni di uno studio molto importante del 1999 il cui risultato è comunemente noto come «il grafico della mazza da hockey». Questo studio applicava alcune tecniche statistiche non standard a una raccolta selettiva di dati di temperatura cosiddetti "proxy". In assenza di termometri nel passato, i proxy sono dati indiretti della temperatura, ottenuti, ad esempio, dall’esame degli anelli degli alberi o delle “carote” di ghiaccio estratte nei pressi dei Poli. Lo studio sosteneva di aver dimostrato che dal 1000 al 1900 le temperature globali furono quasi costanti, per poi rapidamente aumentare negli ultimi 100 anni fino ai valori più alti del millennio. Il grafico della temperatura aveva la forma, appunto, di una mazza da hockey. I miei colleghi e io decidemmo di verificare quanto quel grafico fosse realistico, e abbiamo concluso nei nostri due articoli che c'era chiaramente identificabile un Periodo caldo medievale dall'800 al 1300 e una Piccola era glaciale dal 1300 al 1900. Inoltre, abbiamo documentato che il riscaldamento del XX secolo non è stato né il più caldo né il più estremo negli ultimi 1000-2000 anni. Il fatto è che un ruolo cruciale in tutto ciò l’ha il Sole: voi in Italia avete un massimo esperto mondiale in proposito, il professor Nicola Scafetta».


Franco Battaglia - articolo pubblicato sul quotidiano LA VERITÀ il 7 ottobre 2022








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