Ambientalismo
24 agosto 2022

Le correnti oceaniche sono un segreto del clima. L'uomo è ininfluente

INTERVISTA A RENZO MOSETTI

Scusate se non è Greta Thunbergh, ma Renzo Mosetti è solo professore di Fisica della Terra all’Università di Trieste, ha diretto per oltre 10 anni la sezione oceanografica dell’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale, e nella vita si è occupato di oceanografia fisica, modellistica numerica e fluidodinamica geofisica. Per molti anni è stato delegato nazionale alla Commissione intergovernativa di oceanografia dell’Unesco, e fa parte del Comitato di esperti per la redazione dei rapporti delle Nazioni Unite sullo stato degli oceani. S’è cimentato anche in pubblicazioni divulgative, come «Da Okeanos al Niño, il contributo dell’oceanografia agli studi sul clima», scritto con Marina Silvestri (Bruno Mondadori editore, 2008), ma pare che «La nostra casa è in fiamme» di Greta abbia venduto molte più copie.

Prof. Mosetti, cosa ci dice sul cambiamento climatico?


«So che v’è la convinzione che vi sarebbe una maggioranza di miei colleghi che dice che siamo in emergenza climatica e che la causa è l’uomo, ma è una leggenda metropolitana: non mi risulta che la maggior parte dei miei colleghi dica questo. E, ammesso che sia vero, appellarsi a ciò che direbbe una maggioranza presenta notevoli lacune metodologiche. Il metodo scientifico rifiuta ogni autorità, ma l'assunto che l'uomo è colpevole del cambiamento climatico è diventato addirittura un dogma. Il cambiamento climatico, poi, è innegabile, e risulta perciò fuorviante e dispregiativo l'uso del termine «negazionista» rivolto a chi, sulle cause del cambiamento climatico, ha invece idee diverse o esprime dubbi.

Le proiezioni sul clima futuro sono basate su modelli del tutto insufficienti nel riprodurre la complessità del sistema climatico, fatto non solo da interazioni tra le varie componenti (atmosfera, oceano, ghiacci e fenomeni geofisici) ma anche tra le variabili interne di ogni sottosistema. Il fatto è che non siamo ancora in grado di discriminare quanto pesa l'effetto antropico rispetto alla naturale variabilità climatica: non esiste un esperimento cruciale capace di discriminare gli effetti. I modelli di cui disponiamo sono non solo imperfetti ma pure manipolabili perché dipendono da parametri manipolabili».


Forse non siamo in grado di distinguere il contributo antropico perché è talmente minuscolo da non essere neanche misurabile. Ad ogni modo, il riscaldamento che stiamo vivendo è davvero anomalo?


«Se guardiamo i dati climatici della temperatura globale della Terra – e possiamo andare molto indietro nel tempo grazie ai risultati che si ottengono dai carotaggi nei ghiacci polari – notiamo subito delle fluttuazioni enormi molto più marcate di quelle che stiamo osservando negli ultimi cento anni. Noi viviamo in un’era interglaciale climaticamente abbastanza stabile, e i sostenitori della causa antropica dicono che l'aumento della temperatura globale che osserviamo è molto rapido, mentre le fluttuazioni del passato avvenivano su una scala di tempi geologici. Però l'esistenza della piccola era glaciale (due secoli a cavallo del 1700) e il periodo caldo medioevale (tre secoli a cavallo del 1100), testimoniano che il clima può variare anche rapidamente. Ma dirò di più: il pianeta uscì molto rapidamente dall’ultimo periodo glaciale, il Younger Dryas, circa 11.000 anni fa, quando nel sud della Groenlandia le temperature salirono di ben 7 gradi in 50 anni».


A cosa son dovute variazioni che avvengono in tempi relativamente brevi?


«Le teorie attuali sull'esistenza di variazioni rapide, dell'ordine dei cento anni, sono attribuibili all'effetto dell'oceano ed in particolare alle variazioni nella circolazione termoalina (detta così perché è determinata dalla temperatura e dalla salinità delle acque), che viene scorrettamente riferita dai media come «Corrente del Golfo». Dal punto di vista oceanografico, la Corrente del Golfo è di natura puramente meccanica ed è dovuta alla forzatura del vento. La circolazione che porta effettivamente acque più calde che mitigano il clima del Nord Europa è invece di natura termodinamica. L'indebolimento o addirittura la scomparsa di tale circolazione causa una diminuzione del trasporto di calore dalle basse latitudini verso Nord e quindi un clima più freddo nel Nord Europa. E questo è quel che è successo in maniera estrema nel periodo seguente all'ultima era glaciale, come dicevo sopra. Circa 11.000 anni fa, il progressivo scioglimento dei ghiacci del Nord America ha riversato una enorme quantità di acqua dolce nel Nord Atlantico: tale processo ha di fatto inibito la normale formazione di acque ad alta densità che, sprofondando per gravità, chiudono la cella termoalina».


La cosa comincia a farsi complicata. Come spiegarla a Greta?


«Non saprei. Greta deve studiare e io non conosco scorciatoie. L'uscita dall’ultima glaciazione è avvenuta su scale di qualche centinaio di anni, ben più brevi delle scale geologiche. Probabilmente Greta non è andata oltre il film catastrofista «The Day After Tomorrow» ove tale situazione avviene in pochi giorni causando una nuova era glaciale. Ma è fantascienza. Anche se va detto che, qualitativamente, il messaggio del film non è stato troppo lontano dalla realtà: dal punto di vista della fisica dell'oceano, una diminuzione di salinità nel Nord Atlantico comporta un possibile indebolimento della circolazione termoalina».


Non mi dica che dovremo aspettarci un clima più freddo...


«Questo fatto genera una certa confusione in quanto si parla da un lato di riscaldamento globale, mentre l'indebolimento o sparizione della circolazione oceanica porterebbe invece ad un clima più freddo. Come si vede, la situazione dell'attuale cambiamento in atto è ancora da capire bene».


E il livello dei mari?


«L’aumento – che varia da luogo a luogo – dipende da dilatazione termica, scioglimento di ghiacci continentali e subsidenza. La stazione di Trieste, che è una delle più stabili dal punto di vista geologico con subsidenza trascurabile, registra negli ultimi 100 anni un aumento di 13 cm. Ma se il riscaldamento non dipende dall’uomo, così pure non vi dipende l’aumento del livello dei mari conseguente al riscaldamento».


Cosa ne pensa dei trattati internazionali sulla riduzione dei gas serra?


«Qui c'è in ballo un'altra questione metodologica: con quei trattati si vorrebbe arrivare, entro un certo numero di anni, a un target stabilito a priori del contenimento della temperatura media globale. Dal punto di vista tecnico, questo è quel che si chiama un problema della «Teoria dei controlli». In questo contesto è importante il cosiddetto «Principio del modello interno», che recita grosso modo così: «ogni ottimo regolatore di un sistema deve contenere un modello del sistema stesso». Senza entrare in dettagli tecnici, in base al principio detto, risulta impensabile l'esistenza di un servomeccanismo su scala globale per la regolazione del clima».


E allora? Che ricetta per il futuro del pianeta può trasmettersi a Greta?


«Occorre fare ciò che è fattibile e controllabile: agire sulle fonti di inquinamento, che costituiscono un problema attuale che può diventare grave se non affrontato in modo appropriato. Però la CO2 non è un inquinante, come viene molte volte detto, ma è un gas essenziale per la vita sulla Terra. Il nostro nemico non è la CO2».


Franco Battaglia - articolo pubblicato su LA VERITÀ il 24 agosto 2022









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