Energia
17 maggio 2022

NECESSARIO INCREMENTARE E IN MODO CONSISTENTE L’USO DEL CARBONE


Quando si dice di uno che ha idee poche ma ben fisse, o di un altro che le ha poche ma confuse, ecco: il governo giallo-rosso si trova nella felice posizione di dividere equamente le poche proprie tra quelle che son fisse e quelle che son confuse. Ma supera sé stesso perché in rari casi qualche idea è sia fissa che confusa. Tali sono quelle che ha sul carbone.


Nel gennaio 2020 i giallo-rossi sbroccolavano il «Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030», ove v’è un’idea, una sola, ripetuta almeno 30 volte (le ho contate, e credo basti per qualificarla fissa): «entro il 2025 l’Italia avrà definitivamente abbandonato la produzione elettrica da carbone». La fissazione nasceva dal desiderio di soddisfare le paturnie della Ue, che a sua volte non è esente da fissazioni essa stessa: nel caso specifico, il fantasioso proposito di ridurre le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030.


Ma quella dei giallo-rossi anche idea confusa è, perché, alla prospettiva che Putin venderà il proprio gas non più a noi ma alla Cina e all’India, il medesimo governo anziché gioire della felice circostanza che renderebbe il geniale proposito più agevolmente raggiungibile, è invece entrato in grande fibrillazione e s’è messo a cercare altrove per acquistare dell’altro gas. E, siccome non lo trova – e quello che dice di aver trovato è gas virtuale – allora dietro-front, compagni: «possiamo riaprire le centrali a carbone» (copyright Mario Draghi in persona, 25 febbraio u.s.).


Non voglio stare qui a tediare nessuno sul fatto che son vent’anni che esortiamo ad avviare il nucleare, e nel frattempo, anziché proporsi di chiudere col carbone, potenziare il medesimo. Perché qui non si tratta di dire che l’avevamo detto, ma si tratta che stavolta non fra vent’anni, ma l’anno prossimo ci toccherà ripetere l’antipaticissima frase.


Allora, carissimo Mario, forse non ci siamo capiti. Riaprire le centrali a carbone non è quello che esattamente va fatto, posto che “riaprire” significa aprire quelle chiuse. Inoltre, siccome lei ha aggiunto che bisogna installare rigassificatori e insistere con eolico e fotovoltaico, allora confermo: non ci siamo proprio capìti. Lei, caro il mio Supermario, o non capisce o non vuole capire o ha pessimi consiglieri. L’ultima che ho detto è la cosa più probabile perché i suoi consiglieri sono gli stessi che ci hanno portato in questo stato di braghe di tela e che assumevano aria di sufficienza verso le parole che abbiam ripetuto per vent’anni.


Eolico e fotovoltaico – lo abbiamo già scritto e solo per completezza vi accenniamo ora – vanno de-sovvenzionati e bisogna interrompere ogni altra installazione. Quella dei rigassificatori è una pessima pensata, perché, invece, abbiamo il dovere di diminuire comunque (cioè Putin o non-Putin) la dipendenza dal gas, e anche se analisi molto contingenti fanno sembrare che, al momento (e solo al momento) quello via nave potrebbe essere più conveniente di quello via tubo, la cosa non può durare a lungo, visto che di quello via nave un terzo si perde per il trasporto e per tenerlo a 160 Celsius sotto lo zero. Se non ci crede, si chieda come mai in tutto il mondo ci sono 60 rigassificatori (la metà solo in Giappone) e che negli Stati Uniti ce ne sono tanti quanti in Italia.


Veniamo quindi al carbone. Attualmente abbiamo in funzione impianti per 8 gigawatt elettrici. Che fare nell’immediato? Non basta avviare quelli fermi, che sono appena 1 gigawatt. Il fatto è che tra fermi e a policombustibile abbiamo altri 8 gigawatt elettrici. Ecco: oltre che avviare quei pochi fermi, sarebbe saggio usare quelli a policombustibile e bruciarvi carbone.


Quando l’Enel era ancora ente pubblico monopolista della produzione elettrica, nel 1981 fu varato un piano, volto alla diversificazione delle fonti energetiche, che prevedeva la costruzione di grandi centrali nucleari e a policombustibile, ovvero equipaggiate con quanto necessario per bruciare o carbone o petrolio o gas, a seconda delle convenienze. Sappiamo come finì la cosa grazie a gentiluomini-cavalletta con la mentalità presunta verde: il piano nucleare fu cancellato e quello termoelettrico fu realizzato parzialmente. Con il tempo, le centrali a policombustibile divennero di fatto centrali a gas. Nel processo di dismissione delle centrali a carbone spiccano le sorti delle due maggiori centrali termoelettriche italiane: quella di Porto Tolle e quella di Montalto di Castro (forse la più grande d’Europa).


Ad appena metà della sua vita utile, quella di Porto Tolle fu spenta definitivamente nel 2009. Gli amministratori delegati dell’Enel furono indagati e condannati per “pericolo di disastro sanitario”, per delitto di cui all’art. 434, co. 1, c.p., in relazione all’inquinamento provocato dalle emissioni rilasciate in atmosfera da quella centrale, tra la fine degli anni Novanta e il primo decennio degli anni Duemila. Nel 2019 suonava la campana della ricreazione infinita: un accordo tra Regione Veneto e Enel ne ha avviato la trasformazione in parco divertimenti. La cosa mi rammenta la barzelletta che qualcuno mi raccontava tempo fa della proposta grillina della trasformazione dell’Ilva in impianto per coltivare le cozze.


Quella di Montalto di Castro, realizzata tra il 1992 e il 1998, e costata 10 miliardi di lire, è stata sempre alimentata solo con gas naturale. Dismessa nel 2019, ancora giovane, quando aveva prodotto appena il 25% della elettricità che avrebbe potuto produrre, pare che stiano facendo a gara per demolirla, nel senso che sono in corso le gare per la demolizione. La geniale, ma ahimè non originale, idea sarebbe di convertirla in (arridàgli) parco divertimenti. Ma qualcuno dice in centro logistico – che non so cosa sia. O come data center che, di nuovo, non so cosa sia, ma il nome del progetto è accattivante: Progetto Futur-e. A naso, l’ultima lettera sta per elettrico: come già osservammo, la fuffa si riempie tanto la bocca di rime, assonanze e si avvolge di preziosi veli di marketing ove sotto c’è il nulla.


Allora, caro Presidente: converta a carbone, e in fretta, tutti gli impianti a gas che possono essere così convertiti, provi anche ad avviare a carbone qualche altro nuovo impianto. Se non fa questo mi permetta un consiglio, anche se non richiesto: se la dia a gambe levate prima di ottobre.


Centrali a carbone o policombustibile chiuse o riconvertite a gas


Denominazione

Alimentazione

Potenza (MWe)

Comune

Centrale Alessandro Volta

policombustibile

3600

Montalto di Castro

Centrale di Porto Tolle

policombustibile

2640

Porto Tolle

Centrale Giuseppe Volpi

carbon fossile

140

Porto Marghera

Centrale di Genova

carbon coke

295

Genova

Centrale Pietro Vannucci

carbon coke

150

Giano dell'Umbria

Centrale di Brindisi

carbon fossile

640

Brindisi




Franco Battaglia - dal quotidiano LA VERITÀ del 17 maggio 2022








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