Russia
05 maggio 2022

IL PASSAGGIO DEI NAZISTI IN UCRAINA SPIEGA LE OMBRE DELLA SUA STORIA

DE-NAZIFICAZIONE


Uno delle quattro istanze di Vladimir Putin è la denazificazione dell’Ucraina (le altre tre sono la garanzia formale che essa stia fuori dalla Nato, la sua smilitarizzazione e la definizione territoriale delle aree russofone). Il pur bravissimo Giuseppe Brindisi guarda al dito e non alla luna quando chiede al ministro Sergej Lavrov come potrebbe mai essere possibile l’accusa di nazismo ad un Paese ove il suo presidente, Volodymyr Zelenzky, è d’origine ebree. O quando chiede come la presenza di alcune migliaia di filonazisti in Ucraina possa condannare l’intero Paese (che ha 40 milioni d’abitanti) alle indicibili sofferenze che l’invasione russa gli sta infliggendo. E, in proposito, insiste Brindisi, se in Ucraina v’è il battaglione Azov, anche in Russia v’è l’armata Wagner. Analogo strabismo mostrano coloro che dismettono la presenza della svastica nella bandiera del battaglione Azov: la svastica – sostengono gli strabici – ha origini religiose buddiste.


Il fatto è che, piaccia o no, il nazismo quel significato lo ha, per così dire, ucciso! Chi oggi decide di stampare una svastica sulla propria bandiera o di salutare col braccio teso a 45 gradi, o è uno sprovveduto o puzza di nazismo, tertium non datur. Quel che bisogna comprendere è se le azioni o le parole compiute dalle persone o dai governi oggetto d’interesse attengono o no all’essere nazisti. In linguistica diremmo che va distinto il semantema dal morfema, e in filosofia la forma dalla sostanza. Allora, se in Russia ci sono filonazisti della Wagner – il ministro Lavrov ha tenuto a chiarire – essi non hanno parte nello Stato russo. Così come, d’altra parte, non ha parte negli Stati Uniti d’America il Ku Klux Klan. Invece, la situazione in Ucraina è, in proposito e purtroppo, diversa.


Per ragioni qui troppo lunghe da raccontare, è un fatto che l’Ucraina (la cui parola significa “Terra di confine”) è da secoli teatro di dissidi etnici tra etnie che, per farla breve, limitiamo alle due principali: la russa e l’ucraina. Spesso interrotti da continui trattati desiderosi di sancire, al solito, la reciproca amicizia e la fratellanza – sempre, manco a dirlo, «indissolubile» – i dissidi di fatto non si sono mai sopiti. Saltando a piè pari secoli di Storia, giungiamo al 1941, quando con l’Operazione Barbarossa Adolf Hitler si mise in testa di conquistare la Russia e, per farlo, avrebbe dovuto attraversare l’Ucraina, che al tempo era parte dell’Urss. Coloro che in Ucraina avevano i già detti mai sopiti sentimenti anti-russi – peraltro vieppiù accentuati dai crimini di Joseph Stalin – videro i nazisti tedeschi come liberatori, in breve aderirono al nazismo e ai suoi ideali, e a Hitler giurarono fedeltà. Per capirci, potremmo dire che, mutatis mutandis, costoro stavano ai tedeschi come la resistenza italiana stava agli americani. Esponenti di spicco di questa resistenza anti-russa e tutta pro-nazista erano tali Mykola Lebed e Stepan Bandera, che prefiguravano la costituzione di uno stato d’Ucraina etnicamente “puro”, così come etnicamente “puro” voleva essere quello fantasticato da Hitler. Bandera e Lebed erano anti-semiti e, assieme ai nazisti tedeschi e ai loro compagni ucraini (si stimano dell’ordine di 100mila gli arruolati tra le file naziste), furono tra i responsabili di ciò che è noto come Olocausto ucraino, ove furono sterminati oltre 1.5 milioni d’ebrei. L’esito della guerra riportò i nazisti ucraini nella clandestinità. Anziché essere processati a Norimberga, Bandera e Lebed ebbero la protezione americana: il primo si nascose sotto falso nome a Monaco, ove vivrà fino al 1959, quando fu giustiziato da un agente del Kgb (moglie e figli furono aiutati ad emigrare in Canada), mentre Lebed si nascose negli Usa, ove nella comunità ucraina americana e canadese continuò attività politica (di natura non difficile da immaginare) fino alla morte, che lo coglierà, novantenne, nel 1998.


Dopo lo scioglimento dell’Urss, gli Usa perseguirono l’obiettivo di accreditarsi come unica super potenza mondiale, al di sopra anche, e soprattutto, della Russia. Con un preciso disegno in questo senso, nel 2004 entravano nella Nato gli ultimi Stati ex-Urss, quelli del Baltico e del Mar Nero: rimaneva solo l’Ucraina. Ove, nello stesso 2004, si tenevano le elezioni presidenziali. Da ora in poi chiameremo – e a ragione, come si capisce in figura – filorussa e filoamericana le due ataviche fazioni etniche in Ucraina. I due contendenti erano il filoamericano Viktor Yushenko e il filorusso Viktor Yanukovych. Vinse quest’ultimo, ma le sommosse di piazza – le cosiddette proteste arancione – indussero all’annullamento delle elezioni che, ripetutesi, portarono alla vittoria di Yushenko. E qui comincia la nazificazione dell’Ucraina.


 




FIGURA. A sinistra: Ripartizione geografica dei sostenitori dei filoamericani (in giallo) e dei filorussi (in blu) alle elezioni del 2010 (analoga ripartizione si ebbe alle elezioni del 2004). A destra: ripartizione geografica delle etnie in Ucraina. Come si vede, le divisioni politiche odierne rispecchiano fedelmente le ataviche divisioni etniche. Sembra quasi che una pace potrà lì aversi solo se il Paese si divida in due: Ucraina e Nuova Russia.


Infatti, la rivoluzione arancione era stata finanziata dagli Usa che, per sovvertire la vittoria dei filorussi, doveva appoggiarsi agli elementi locali anti-russi che, come abbiamo detto prima, erano e sono di stampo neonazista, sostenendo costoro cose tipo la purezza della razza ucraina e le pulizie etniche per preservarla. Così, uno dei primi atti di Yushenko fu nominare il criminale neonazista Stepan Bandera eroe nazionale (e lo è ancora oggi con, nel Paese, diverse vie, piazze e statue che gli sono dedicate). Yushenko aveva già nominato Primo ministro Yulia Tymoshenko, una estremista nazista di cui ci dispiace riportare le seguenti parole: «Dobbiamo armarci e andare a uccidere questi maledetti moscoviti e il loro leader. Cercherò di sollevare il mondo intero affinché della Russia non rimanga neanche un campo bruciato. Dobbiamo colpirli con le bombe atomiche».


Assieme alla Tymoshenko ascesero alle vette del potere nomi quali: Aresniy Yatsenuk del partito della Tymoshenko, e Oleh Tyahnybok e il pugile Vitali Klitschko entrambi dirigenti di partiti senza ombra di dubbio di stampo neonazista. Per capirci, ecco alcune parole da un discorso di Tyahnybok: «Per creare rapidamente una vera Ucraina, per liquidare fisicamente e rapidamente tutta l’intellighenzia russofona, bisogna fucilarli senza indagini e senza processo. Qualunque membro del nostro partito può fare la lista di costoro nella sua zona. Tutti i membri dei partiti e delle organizzazioni che ci sono contro devono essere fucilati. La biomassa amorfa che parla russo è un gregge che va ridotto di 5-6 milioni». La stessa moglie di Yushenko non nascondeva la propria militanza neonazista. Tutte persone avvezze, nelle manifestazioni pubbliche, a salutare col braccio teso a 45 gradi.


     

Oleh Tyahnybok Vitali Klitschko Kateryna Yushenko


Nelle elezioni del 2010 vinse, di nuovo, il filorusso Yanukovich. Quando, nel 2013, costui si rifiutò di sottoscrivere con la Eu accordi economici che sarebbero stati capestro per l’Ucraina, nuove sommosse di piazza – note come EuroMaidan – nel 2014 lo destituirono con un colpo di Stato. Si rifecero le elezioni e vinse Petro Poroshenko. Ma, ancora una volta, le sommosse di Euro-Maidan non potevano accadere senza il finanziamento degli Usa (che avevano speso 5 anni e 5 miliardi di dollari per allontanare l’Ucraina dalla sfera Russa) e senza il coinvolgimento degli oppositori di Mosca, che però erano, e sono, neonazisti. Questi furono ben ripagati: i sunnominati Yatsenuk e Klitschko divennero Primo ministro e Sindaco di Kiev, rispettivamente. Tyahnybok fu lasciato libero di attuare le parole che abbiamo sopra riportato. Le squadre neonaziste ebbero piede libero nel Paese, da esse era nato il battaglione Azov, che fu incorporato nella milizia regolare del governo. Lo stesso Poroshenko enunciava programmi d’inequivocabile discriminazione etnica: «Noi avremo un lavoro e loro no. Noi avremo le pensioni, ma loro no. I nostri figli andranno all’asilo e a scuola, mentre i loro figli dovranno nascondersi nelle cantine», dove con “loro” intendeva gli ucraini russofoni.


I russi di Crimea capirono la necessità di attivare la secessione, e lo fecero con oltre il 90% dei voti in un apposito referendum. Quando, subito dopo, a Odessa alcuni manifestarono contro il governo centrale, questo lasciava campo libero alle squadre neonaziste, che perpetrarono la strage di Odessa. E quando nel Donbass le prefetture di Donetsk e Lugansk imitarono la Crimea coi referendum, il governo centrale mandò i carrarmati e fece strage dei propri stessi concittadini. In ordine agli accadimenti, non Putin, ma un rapporto dell’Onu del 20.11.14 recita: «Nell’Ucraina orientale persistono serie violazioni dei diritti umani. Civili sono continuamente uccisi, arrestati illegalmente, torturati e fatti scomparire. Tra metà aprile e metà Novembre di quest’anno, 4317 civili sono stati uccisi e 9921 feriti. Continuano a registrarsi gravi violazioni dei diritti umani da parte di gruppi armati, con torture, sequestri arbitrari e non comunicati, esecuzioni sommarie, violenze sessuali, oltre che la presa di possesso e la distruzione illegale di terreni e abitazioni».


Questi eccidi continuarono anche dopo che Zelensky divenne presidente nel 2019. Quale Capo delle Forze armate egli avrebbe potuto ordinare l’interruzione di ogni operazione militare. Che è la risposta che dette Lavrov a Giuseppe Brindisi quando questi gli chiese cosa dovrebbe fare Zelensky per far cessare la guerra.


Franco Battaglia

Da il Quotidiano LA VERITÀ 5 maggio 2022








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