Covidismo = Nuova religione
09 febbraio 2022

Sta male dopo la terza dose. Nessuno si degna di visitarla. L’odissea di una trentenne udinese


Sta male dopo la terza dose. Nessuno però la degna di una visita. Telefonate e telefonate alla guardia medica di Udine, senza risposta. Dal Pronto soccorso dell’ospedale di Udine la rimandano alla guardia medica perché – stando alla testimonianza della trentenne udinese – il pronto soccorso non tratta queste situazioni.

Protagonista della disavventura è una dipendente statale che, come categoria obbligata al siero (è collaboratrice scolastica), ha dovuto presentarsi la mattina del 4 febbraio, alle 10, al centro vaccinale a Martignacco. Nel pomeriggio compaiono alcuni fastidi. Il peggio arriva la mattina seguente: stordimenti, vertigini, disequilibrio, forte malessere, febbre. Sabato 5 febbraio è un giorno lavorativo per S. (tuteliamo la privacy come ci è stato chiesto dalla interessata, ndr), quindi iniziano i numerosi tentativi per contattare la Guardia medica dopo che il suo medico di base le aveva consigliato di farsi visitare, poiché si trattava di effetti collaterali del siero. “Non potevo di certo predisporre un certificato di malattia: avrei commesso un falso in atto pubblico, dal momento che la mia assistita non ha una malattia, bensì presenta gli effetti avversi causati dal booster. In questi casi è fondamentale che ci sia una certificazione precisa e collegata ai sintomi post-vaccinali”.

La giovane decide allora di chiamare l’ospedale di Udine: l’operatore del centralino le dice che non vengono trattati questi casi; poi, dopo essersi messa in contatto con il Pronto soccorso del nosocomio cittadino, si sente rispondere che non si occupano di questi casi e che ci si deve rivolgere alla guardia medica. “Sono stata inutilmente rimbalzata da una parte all’altra: certo è che se dici di star male perché il giorno prima hai fatto il vaccino, tutti mettono le mani avanti come per paura, alla fine ti senti da solo e abbandonato. Nessuno si fa carico di questi problemi”.

Decide allora di andare di persona dalla guardia medica: suona più volte, nessuna risposta. Nel corridoio, che si vede dall’esterno, non ci sono pazienti. Finalmente risponde un medico al citofono. “Gli spiego che sto male – il giorno precedente mi ero dovuta sottoporre al terzo richiamo – e non sono in grado di recarmi al lavoro”. Sperava in una visita, almeno. Invece “mi viene dato un certificato su cui è barrata la casella di ‘visita’, sebbene io non sia stato affatto visitata dal medico!

Inoltre, la diagnosi riportata è influenza, quando in realtà io non ho l’influenza!”.

A questo punto le autorità, tutte dedite a controllare i lasciapassare e i farmacisti impegnati nel servizio tamponi, dovrebbero piuttosto indagare su altri fronti: persone che stanno male dopo i sieri e non sono ritenute degne di una visita; pronto soccorso che non le riceve, guardia medica che non le visita e rilascia certificati di una visita non effettuata e con una diagnosi falsata.

Il medico di base della malcapitata chiede che si faccia chiarezza anche perché i responsabili potrebbero rischiare la formulazione dell’ipotesi di reato di falso in atto pubblico e omissione di soccorso. In cauda venenum: si censurano i medici che curano i propri pazienti affetti da covid con terapie efficaci, certamente non tachipirina e vigile attesa, mentre chi si macchia di questi comportamenti viene lasciato agire impunemente!

Irene Giurovich


>>>articolo originale online>>>







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