Filosofia - Teologia della libertà
11 maggio 2021

Dialogo interreligioso? Teologia della morte di Dio? Svolta antropologica? No grazie.
Teologia della Libertà.

Iniziamo a pubblicare a puntate un testo, del giornalista e scrittore Andrea Colombo, dal titolo

Teologia della Libertà.

Testo molto interessante, visto che la libertà vera in questo momento ci è negata con l’inganno e la menzogna.
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Teologia della Libertà

di Andrea Colombo
Parte 1

Prologo

Dialogo interreligioso? Teologia della morte di Dio? Svolta antropologica? No grazie. Preferisco rivolgermi al Catechismo di San Pio X e al Libro di Preghiere di mia nonna. Credo nella Chiesa dei martiri e del sangue, non in quella dei compromessi e dell’adeguamento al mondo.

Lo ha detto bene nel suo Diario uno spirito inquieto, un luterano danese dell’800, attratto dal fascino del Cattolicesimo, Soren Kierkegaard: “Il cielo aperto lo vede soltanto il Cristiano, specialmente il martire; per lui il mondo si chiude sempre di più. Le due cose si corrispondono. Una delle due: o a chi si apre il mondo si chiude il cielo, o a chi si chiude il mondo il cielo si apre. Tocca ora a te scegliere”.




Libertà va cercando...

Lo maggior don che Dio, per sua larghezza,

Fesse creando, ed alla sua bontate

Più conformato, e quel ch’ei più apprezza,

Fu della volontà la libertate;

Di che le creature intelligenti,

E tutte e sole, furo e son dotate”

(Dante, Par. V, 19-24)




In questo frangente storico, in cui le nostre libertà più elementari (di movimento, di lavoro, di cura, di religione) sono state improvvisamente messe in discussione in nome di un’emergenza sanitaria, è diventato particolarmente urgente riflettere su come il Cristianesimo, unica fra le religioni del mondo, stabilisca che solo la verità rende liberi1. La libertà ha infatti due dimensioni: una la potremo chiamare orizzontale, e attiene alle nostre attività umane, alle nostre scelte in questo mondo, e una verticale e, secondo il Cristianesimo, è solo qui che si compie e si realizza in tutte le sue potenzialità, permettendo all’uomo di raggiungere quella felicità tanto agognata che i beni finiti non possono dare. I due aspetti si richiamano e si compenetrano, vivono, si può dire, in simbiosi. È di grande consolazione sapere che anche nell’ambito della dittatura più feroce e spietata, quale è stata ad esempio quella comunista che negava violentemente alla radice tutte le libertà in nome di quell’ateismo radicale che al tempo stesso negava la dignità dell’uomo, resta sempre una sfera insindacabile, segreta, la più intima, che illumina la coscienza della creatura spirituale. Lo abbiamo visto nella Chiesa delle catacombe sotto i regimi sovietici e stalinisti del ‘900, che si è costituita in resistenza sotterranea, eroica di tanti fedeli. Chiesa del sangue e di martirio, che ha donato tanti frutti di santità.

Religio indica legame, certo, ma non è sottomissione, bensì, al contrario passaggio dalla rigida legge dell’Antico Testamento alla soave legge di Amore e di Libertà che è il Cristianesimo2.

Meditiamo il messaggio di Gesù: “Se rimarrete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Giov. 8, 31-32). Se rimarrete nella mia parola – ossia se conserverete intatto il Depositum Fidei, che consiste non soltanto nella Sacra Bibbia, la Parola di Dio, ma nella Tradizione della Chiesa e nei Dogmi che attraverso i secoli (fino alla proclamazione dell’Assunzione di Maria Santissima in Cielo) hanno illuminato il Credo Cristiano. Di conseguenza, solo la verità vi farà liberi. Lenin disse: “la menzogna è la nostra arma più potente”. E il diavolo, si sa, è padre della menzogna (Giov. 8,44). Il nostro parlare di cristiani invece deve essere improntato al “sì sì no no – ciò che si dice in più, viene dal maligno” (Mt. 5,37). La nostra arma è la verità, verità del Dogma immutabile, verità della Chiesa, verità del Cristo vivente nel Suo Corpo Mistico, la comunità dei veri credenti. E questa verità, lo sappiamo, ci libera e ci proietta verso il Cielo, come gli uccelli (che Gesù ci raccomanda di osservare ed imitare), e verso l’Eternità, come i Santi.

Come guida sicura in questo itinerario nel fondamento primo della dignità umana, la libertà appunto, ho scelto il filosofo Cornelio Fabro (1911-1995), tomista insigne e traduttore di Kierkegaard, il pensatore che più di ogni altro si è immerso nel dramma dell’ateismo contemporaneo che ci ha portato a dove ci troviamo ora. Fabro ha svelato l’origine, lo sviluppo e i reconditi disegni di questo percorso verso il nichilismo dell’uomo moderno e ha fornito un antidoto in quella teologia esistenziale, la quale ha per fondamento il mistero della libertà, che qui riproponiamo, in tutti suoi sviluppi, tentando di attualizzarla nel mondo in cui viviamo.

Oggi infatti “il problema della libertà radicale non può essere ulteriormente differito”3. Ovviamente non si parla qui della libertà liberale, puramente orizzontale, di scelta indifferente di ciò che piace in base a criteri puramente utilitaristici, bensì di quella “piattaforma” che permette di “fare il balzo ed avventurarsi nel rischio della scelta radicale”4, pro o contro Dio, nell’unica alternativa per il cattolicesimo o l’ateismo.

La teologia di riferimento è quel “prolungamento della fede nella ragione e lo sforzo della ragione di portare il messaggio rivelato all’interno dell’esistente, che è l’uomo storico, per impegnare la sua libertà”. Tuttavia è bene ricordare che “sia la ragione sia la fede non operano la sintesi dell’esistenza se non in quanto sono destinate ad incontrarsi come i due poli della soggettività. Solo a questo modo le due luci possono occupare il campo della coscienza per confrontarsi e aprire l’orizzonte ultimo della libertà”5.

Nell’orizzonte dello spiritualismo biblico l’uomo è detto creato a immagine di Dio perché dotato di intelletto e di libertà. Se la libertà va riconosciuta, come dice S. Tommaso, “universalis motor omnium” (In III Sent., d. 27, q. II, a. 3), allora è chiaro che qui si gioca tutto per l’uomo, la sua dignità, la sua possibilità di partecipare alla vita divina stessa, così come di perdersi nella schiavitù del peccato, del male, di un mondo che promette tutto e ci getta solo nel Nulla di una vita disperata.

1 L’aveva ben compreso Hegel che, nonostante il suo immanentismo che risolve tutto in un astratto Spirito Assoluto e che contro il realismo vincola l’essere al pensiero, dovette ammettere: “La libertà è l’essenza proprio dello spirito. Intere parti del mondo, l’Africa e l’Oriente, non hanno mai avuto quest’idea, e non l’hanno ancora; i Greci e i Romani, Platone ed Aristotele, ed anche gli stoici non l’hanno avuta. Quest’idea è venuta al mondo mediante il Cristianesimo secondo il quale l’individuo come tale ha valore infinito, ed essendo oggetto e scopo dell’amore di Dio, è destinato ad avere relazione assoluta con Dio come spirito, e che questo spirito dimori in lui; cioé l’uomo è destinato in sé alla somma libertà” (Enz. der philos. Wiss. § 482).

2 “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova, quel ch’era vecchio è sparito, ecco è sorto il nuovo” (2 Cor. 5,17). Commenta S. Agostino: “Quali sono le cose vecchie che sono passate? Ogni idolatria nei gentili, nei giudei tutta quella schiavitù della legge, tutti quei sacrifici preannuncianti il sacrificio presente... Venne chi rinnovò l’opera sua... e vediamo la terra piena di cristiani credenti in Dio, che si scostano dalla passata speranza verso la speranza del secolo nuovo” (Enarr. in Ps. 103, 24,3). “Nell’antica legge, al tempo della servitù, il popolo era gravato da molti sacramenti. Per gente in tal condizione codesto riusciva utile a far desiderare la grazia di Dio preannunciata dai profeti. Venuta questa sono stati istituiti pochi sacramenti saluberrimi per sostenere la società del popolo cristiano, vale a dire, di una moltitudine libera, obbediente al solo Dio” (De Ver. Rel., 17,23)

3L’avventura della teologia progressista, Rusconi 1974, p. 35

4Orizzontalità e verticalità della libertà, “Angelicum” 3-4, 1971

5L’avventura della teologia progressista, cit. p. 36s.







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