dal sito
La Cruna Dell'ago
di Cesare Sacchetti
A quanto pare, non è solo la Svizzera ad
aver avuto un ruolo cruciale nell’operazione di hackeraggio
internazionale contro le elezioni americane.
Nell’ultimo contributo pubblicato precedentemente
su questo blog, l’autore e ricercatore svizzero e americano Neal Sutz
ha spiegato il ruolo decisivo della Svizzera nella frode elettorale
perpetrata contro Donald Trump.
La Svizzera infatti ha acquistato
il codice sorgente di Scytl, il programma legato a sua volta a Dominion
Voting System, la società canadese che ha legami con la famiglia Soros e
i Clinton, accusata di aver spostato centinaia di migliaia di voti da
Trump a Biden.
La Svizzera è stata fondamentale nella frode perché
era perfettamente informata dei difetti strutturali di Scytl, ma non ha
avvisato in alcun modo l’amministrazione Trump del grave
malfunzionamento di questo software.
Ad ogni modo, c’è un Paese
che potrebbe essere persino ancora più coinvolto e considerato come
diretto responsabile dell’hackeraggio nelle elezioni americane, e quel
Paese sarebbe proprio l’Italia.
A questo proposito, c’è una interessante e clamorosa ricostruzione
fornita da Bradley Johnson, un ex agente della CIA e già a capo di una
delle stazioni dell’agenzia di intelligence americana.
Secondo Johnson, l’Italia è direttamente coinvolta nell’operazione di manipolazione di voti nelle elezioni americane.
L’ex
agente della CIA conferma che la storia dell’operazione speciale
condotta dalle forze speciali dell’esercito americano per recuperare i
server di Dominion usati per l’hackeraggio, e custoditi in una stazione
della CIA a Francoforte, è parzialmente vera.
Altre fonti avevano confermato la piena veridicità dei fatti, tra i quali il generale in pensione Thomas McInerney.
Secondo
questa versione dei fatti, un gruppo d’assalto delle forze speciali
dell’esercito USA avrebbe dato vita ad un vero e proprio blitz nel
tentativo, apparentemente riuscito, di recuperare quei server che
custodiscono la prova inconfutabile dell’hackeraggio.
Il generale
McInerney ha confermato anche che in seguito a questo blitz ci sarebbe
stato un durissimo scontro a fuoco tra i soldati americani e i
paramilitari della CIA rientrati appositamente dall’Afghanistan per
difendere la stazione di Francoforte.
https://www.youtube.com/watch?v=YwtbK5XXAMk&feature=emb_logo
Johnson
offre un’altra prospettiva, se possibile ancora più clamorosa. L’ex
agente CIA non smentisce l’operazione delle forze speciali ma sostiene
che i dati hackerati da Francoforte sarebbero stati trasmessi a Roma,
precisamente all’ambasciata americana di via Veneto.
Secondo
Johnson, sui server di Francoforte sarebbero rimaste solo parziali
tracce dell’attacco informatico, ma la vera centrale protagonista
dell’operazione sarebbe stata Roma.
Nel giorno delle elezioni
americane è infatti accaduto qualcosa che non ha mai avuto precedenti
nella storia delle elezioni americane.
Improvvisamente nel cuore
della notte americana del 3 novembre, quando in Italia erano già le 8/9
di mattina, il conteggio negli Stati chiave è stato interrotto
simultaneamente.
L’operazione di broglio era già ampiamente in corso, ma gli hacker d’un tratto si sono resi conto di un elemento imprevisto.
“Trump
stava prendendo un numero di voti record” spiega Johnson, e lo
spostamento di voti da Trump a Biden fatto fino a quel momento non era
sufficiente per assegnare la vittoria definitiva al candidato
democratico.
L’ambasciata americana a via Veneto avrebbe coordinato l’hackeraggio
A
quel punto, è entrata in scena Roma che ha ricevuto i dati mandati da
Francoforte, ma che avrebbe dovuto elaborare “dei nuovi algoritmi” per
far pendere nettamente la bilancia dalla parte di Biden.
A via
Veneto dunque sarebbe partita l’operazione per ricalibrare l’attacco
informatico già in corso a Francoforte, e se questa eventualità fosse
confermata, la missione diplomatica degli Stati Uniti in Italia sarebbe
stata coinvolta in un tentativo di rovesciamento del suo stesso
presidente.
E’ uno scenario che vede poteri eversivi interni allo
Stato, il famigerato deep state, il cosiddetto “stato profondo” di
Washington costituito da lobby militari e finanziarie, direttamente
impegnati in un vero e proprio colpo di Stato contro il legittimo
comandante in capo.
Attualmente, l’ambasciatore americano in Italia è Lewis Eisenberg,
già al servizio di Goldman Sachs e finanziatore della prima campagna di
Trump nel 2016, ma allo stesso tempo vicino alle lobby neocon sioniste
che probabilmente sono tra le più feroci nemiche del presidente per il
suo piano di disimpegno militare dal Medio Oriente.
All’ambasciata,
secondo Bradley Johnson, durante la notte elettorale del 3 novembre era
presente un uomo al servizio del dipartimento di Stato americano.
L’ex
agente segreto americano nel video dove spiega cosa è accaduto mostra
una foto di quest’uomo ripresa all’aeroporto di Fiumicino
presumibilmente dalle autorità italiane, apparentemente impegnate in
un’attività di sorveglianza del funzionario del dipartimento di Stato
americano.
Quest’uomo sarebbe stato direttamente impegnato nel coordinamento dell’hackeraggio ai danni delle elezioni americane.
Il ruolo dell’Italia e di Leonardo nell’attacco informatico
A questo punto, la rivelazione che Johnson fa è ancora più clamorosa di quanto già fino ad ora detto.
Ad
aver avuto un ruolo decisivo nell’hackeraggio sarebbe stata l’azienda
Leonardo, leader in Italia nel settore aerospaziale e della difesa
militare.
Secondo l’analista di intelligence, una volta che sono
stati creati dei nuovi algoritmi per spostare ancora più voti da Trump a
Biden, gli hacker “avrebbero mandato i nuovi numeri ad un satellite
militare gestito da Leonardo”.
Successivamente il satellite avrebbe trasmesso i nuovi dati manipolati dall’Italia agli Stati Uniti.
Se
questa versione fosse confermata, potrebbe esserci stato un diretto
coinvolgimento del governo italiano nella frode elettorale negli USA.
Leonardo infatti è partecipata al 30% dal ministero dell’Economia che è il primo azionista della società.
L’attuale amministratore delegato di Leonardo è Alessandro Profumo, nominato nel 2017 dal governo Gentiloni, che avrebbe avuto una parte fondamentale nel caso dello Spygate, e confermato da Conte nel 2020.
Profumo è stato anche recentemente condannato a 6 anni di reclusione per aggiotaggio e false comunicazioni.
Il
governo Conte dunque avrebbe avuto un ruolo chiave nell’attacco
informatico mettendo a disposizione l’apparato tecnologico di Leonardo
per poter realizzare quello che si può definire a tutti gli effetti come
un attacco diretto alla sovranità degli Stati Uniti.
E’ importante ricordare che il governo Conte è stato uno dei primi dei vari esecutivi internazionali
ad affrettarsi a riconoscere la presunta vittoria di Joe Biden alle
elezioni americane, quando ancora non c’era – e non c’è tuttora secondo
la Costituzione americana – l’ufficialità della sua vittoria.
L’Italia in diretta violazione dell’ordine esecutivo di Trump contro le ingerenze straniere
Tutto
questo renderebbe l’Italia in aperta violazione dell’ordine esecutivo
firmato da Trump nel settembre 2018 per contrastare le ingerenze
straniere nelle elezioni americane.
Il presidente infatti non era
affatto impreparato all’eventualità che potenze estere in collaborazione
con poteri interni allo stesso governo americano avessero cercato di
sovvertire il risultato delle urne.
L’ordine esecutivo in
questione prevede chiaramente che entro 45 giorni dalla data delle
elezioni, il 3 novembre, venga consegnato al presidente un rapporto
dettagliato sulle interferenze straniere e non nel processo elettorale
americano.
Ad oggi, la comunità dell’intelligence USA ha dato vita
ad un sabotaggio non consegnando a Trump il rapporto intero nella data
prevista del 18 dicembre.
Ad ogni modo, sembra che il direttore
dell’intelligence nazionale, Ratcliffe, possa aver già consegnato a
Trump parti del rapporto e che il presidente abbia già offerto a Sidney
Powell, avvocato impegnata attivamente nei ricorsi contro i brogli
elettorali, la poltrona di procuratore speciale sulla frode elettorale.
Il
procuratore speciale avrebbe una serie di rilevanti poteri tali da
consentirgli di sequestrare tutti i server che hanno conteggiato i voti,
su tutti quelli incriminati di Dominion, e rinviare a giudizio i
responsabili della frode, oltre che requisire le proprietà delle società
direttamente impegnate nei brogli.
L’ordine esecutivo è stato
quindi espressamente pensato per sanzionare tutti gli attori esterni ed
interni autori di eventuali ingerenze nelle elezioni USA, e l’Italia
sarebbe in flagrante violazione di questo provvedimento per aver
attentato alla sovranità degli Stati Uniti.
Se questa versione
dovesse essere confermata, potrebbe aprirsi una crisi diplomatica senza
precedenti nei rapporti tra Italia e Stati Uniti, perché l’esecutivo
Conte avrebbe chiaramente ingerito negli affari nazionali americani.
Il deep state italiano responsabile del primo e del secondo sabotaggio contro Trump
Il
deep state italiano sarebbe comunque l’intera chiave di volta non solo
per individuare i responsabili della frode elettorale ai danni di Trump,
ma lo è anche per comprendere il primo tentativo di sabotaggio
internazionale attuato contro il presidente americano, ovvero il
famigerato spygate.
Lo spygate è lo spionaggio illegale realizzato
contro la campagna Trump nel 2016 ed è un’operazione che ha visto
coinvolta direttamente l’Italia, dal momento che i servizi segreti
italiani avrebbero giocato un ruolo decisivo, sotto le amministrazioni
Renzi e Gentiloni, per cercare di associare falsamente l’allora
candidato repubblicano al Cremlino.
C’è dunque un filo rosso che
lega il primo tentativo di golpe contro Trump e il secondo, e questo
filo rosso è rappresentato dall’Italia e dall’apparato di poteri
eversivi presenti all’interno dello Stato strettamente collegati e
diretti a loro volta alle lobby internazionali del mondialismo.
In
Italia, sullo spygate è calata una coltre di silenzio perché
apparentemente nemmeno la cosiddetta opposizione ha interesse a fare
luce su questa vicenda.
Il presidente del Copasir, l’organismo di controllo dei servizi segreti italiani, Raffaele Volpi, senatore della Lega, disse alla fine dell’anno passato
che l’intrigo dello spygate era una vicenda per riempire le pagine dei
giornali, mentre l’amministrazione Trump non ha avuto remore a definirlo
legittimamente come un golpe contro il presidente americano.
A
quanto pare, non c’è interesse nemmeno dalle parti della Lega a fare
luce sugli scandali del deep state italiano, probabilmente anche alla
luce della vicinanza dell’asse Renzi – Salvini, apparentemente tra i più
attivi nel favorire l’avvento di un governo Draghi, l’uomo
dell’eurocrazia e delle élite mondialiste che avrebbe il compito di
portare avanti il Grande Reset e dare così il colpo di grazia
all’Italia.
Il deep state italiano è una palude che vede
direttamente coinvolti i più alti vertici dello Stato e sia la
maggioranza che l’opposizione sembrano essere legati inestricabilmente
legati ad esso.
Questo apparato eversivo presente nelle
istituzioni italiane è stato usato in maniera particolare dal
mondialismo in quello che può essere definito come un vero e proprio
colpo di Stato permanente ai danni di Donald Trump.
I media
italiani non hanno alcun interesse a denunciare questi poteri, dal
momento che i primi dipendono strettamente dai secondi.
C’è dunque un inquietante capitolo che si aggiunge alla storia del golpe internazionale contro Trump.
Questo capitolo sembra rivelare che le strade della frode elettorale nelle elezioni americane portano tutte a Roma.