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Tijuana: il “castello” Amazon tra le baracche dei servi della gleba


07 settembre 2021
Tijuana: il “castello” Amazon tra le baracche dei servi della gleba

Tijuana: il “castello” Amazon tra le baracche dei servi della gleba

Lo sberluccichio sfacciato del denaro in mezzo alla miseria di una baraccopoli. Gli effetti della globalizzazione neoliberista sono perfettamente sintetizzati dalle immagini dello stabilimento che la multinazionale dell’e-commerce Amazon si accinge ad aprire a Tijuana, in Messico.

Amazon è al quarto posto nella classifica delle grandi multinazionali. Recentemente è ingrassata anche mangiandosi tanti negozi chiusi per i lockdown, mentre Amazon non ha chiuso mai. Lo stabilimento di  Tijuana, 31 mila metri quadrati, servirà per consegnare celermente le merci a basso costo ordinate dai messicani della zona. Quelli che se lo possono permettere ovviamente, ma i prezzi Amazon sono popolari e alla portata di tutti, nevvero? Tutti… o quasi: difficilmente rientrano nella categoria coloro che abitano attorno allo stabilimento. Si erge tronfio, dall’alto dei suoi molteplici piani, su una schiera di casupole col tetto di nailon e di cartone, su un’umanità sconquassata che vive fra tre pareti (tre, non quattro) ricavate dal compensato.

Sono di polvere e di terra le stradine fra le baracche: chissà cosa diventano quando piove, chissà (domanda retorica) se ci sono le fogne. E’ invece di asfalto liscio come un biliardo il terreno, debitamente recintato, attorno al palazzotto Amazon: ecchediamine, devono passarci gli autocarri delle consegne. Lo stabilimento di Tijuana è costato 21 milioni di dollari, e si vede. Sembra un castello medioevale circondato dalle capanne dei servi della gleba, e probabilmente l’idea alla base dell’operazione è proprio questa.

La municipalità infatti plaude, asserendo che darà lavoro a 250 persone, rivitalizzerà la zona e contribuirà al benessere delle famiglie. Sorvola sul fatto che ad Amazon gli autisti devono fare pipì in bottiglia e i magazzinieri devono tenere ritmi infernali. Sorvola sul fatto che Amazon, diciamo,  non si rende benemerita al fisco nei Paesi in cui opera e non copre d’oro i dipendenti: e anzi la presenza stessa della baraccopoli incarna un monito, per uno che si lamenta c’è la coda di gente disposta ad accettare. Servi della gleba, appunto.

Gridano vendetta, le baracche nella foto di Tijuana: Amazon nel primo trimestre di quest’anno ha fatturato 108,4 miliardi di dollari (+44%) e Jeff Bezos, fino a due mesi fa amministratore delegato, guadagnava 4 mila dollari al secondo. Bezos, secondo la classifica Bloomberg, è l’uomo più ricco del mondo e possiede oltre 200 miliardi di dollari. Ben difficilmente avrà tempo in vita sua per spenderli. Probabilmente se ne rende conto perfino lui, dato che ora investe per provare ad invertire il processo di invecchiamento.


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